L’UE, “potenza civile” globale. Cooperazione allo sviluppo e Aid for Trade (AfT)
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L’UE, “potenza civile” globale. Cooperazione allo sviluppo e Aid for Trade (AfT)

L’UE, “potenza civile” globale. Cooperazione allo sviluppo e Aid for Trade (AfT)

di Eleonora Salluzzi.

 

Nel difficoltoso tentativo di studiare, comprendere e definire l’Unione Europea (UE), alcuni studiosi le hanno attribuito le caratteristiche di una “potenza civile – civilian power”, che espande la sua influenza nell’arena globale a suon di regole, commercio e cooperazione, non armi. Coerentemente con la sua natura, nella sua dimensione esterna l’Unione Europea è divenuta negli ultimi anni il principale donatore – “donor” – di aiuti allo sviluppo a livello mondiale, supportando i Paesi in via di sviluppo nella loro transizione verso la stabilità economica e sociale attraverso una massiccia rete di cooperazione allo sviluppo. Proprio nel 2016, gli aiuti dell’UE e dei suoi Stati Membri destinati alla cooperazione internazionale hanno raggiunto il picco più alto degli ultimi anni, equivalente a 75.5 miliardi di euro. Così l’Unione, congiuntamente ai suoi Stati Membri, si è nuovamente confermata il più grande donor di assistenza allo sviluppo nel mondo.

Inutile negarlo. Con la controversa gestione del fenomeno migratorio in Europa, l’Unione sta attraversando i suoi giorni più bui. Eppure, è fondamentale ricordare che la solidarietà fu al centro del progetto europeo già nel 1957, quando il Trattato di Roma sancì l’istituzione del Fondo Europeo di Sviluppo per fornire assistenza e cooperazione alle colonie ed ai territori d’oltremare. Gradualmente, la sua azione di cooperazione allo sviluppo si è estesa sino a coprire virtualmente tutto il globo, dall’America Latina all’Asia passando per l’Africa ed il Medioriente. La politica di cooperazione dell’UE si propone di promuovere uno sviluppo sostenibile nei Paesi beneficiari, con l’obiettivo primario di eradicare la povertà e contribuire alla stabilità economica e sociale, senza negligere la sfera ambientale. L’UE ha per l’appunto messo in moto un’imponente macchina di programmi, politiche e strumenti finanziari destinati alla cooperazione allo sviluppo, aderendo sempre più energicamente agli obiettivi di progresso promossi dalle Nazioni Unite.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, la dimensione esterna dell’UE ha assunto nuove vesti, riunendo varie politiche sotto un unico pilastro, come ad evidenziarne la complementarità ed interdipendenza naturale. Con Lisbona, le politiche commerciale, umanitaria e di cooperazione allo sviluppo si ritrovano a far parte della stessa famiglia, ed ispirate dai principi dell’UE sanciti nei trattati, compongono all’unisono l’azione esterna dell’Unione. Democrazia, solidarietà, diritti umani e Stato di diritto diventano formalmente i valori cardine su cui le relazioni dell’UE con i Paesi terzi devono incentrarsi, e guidano consistentemente la dimensione esterna delle relazioni commerciali, umanitarie e di cooperazione allo sviluppo dell’Unione. Per la prima volta, il riconoscimento che la politica commerciale dell’Unione sia inclusa in un quadro normativo più ampio assieme ad altre politiche – guidate da principi ed obiettivi comuni – induce le istituzioni sovranazionali a formulare strategie olistiche, tutte riconducibili all’azione esterna in maniera compatta.

Un esempio di questa interconnessione di politiche che compongono l’azione esterna dell’UE, l’Aid for Trade (AfT) si qualifica come una strategia dell’Unione volta a fornire assistenza finanziaria e tecnica ai Paesi in via di sviluppo e meno sviluppati (Least Developed Countries – LDCs) al fine di incrementare i loro volumi commerciali come leva per ridurre la povertà e sostenere la crescita economica. L’AfT è parte integrante dell’Official Development Aid (ODA) dell’Unione, gestito dalla DG DEVCO ma implementato congiuntamente alla DG TRADE, essendo il rafforzamento della politica commerciale nei Paesi partner il fulcro di questa strategia. In particolar modo, AfT nasce con l’obiettivo di consolidare attraverso assistenza tecnica sei specifiche aree, funzionali al consolidamento della capacità degli Stati partner di implementare riforme commerciali competitive, ed in linea con obblighi internazionali assunti a livello bilaterale, regionale e multilaterale. I maggiori beneficiari di AfT sono soprattutto il gruppo di Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) – con cui l’UE intrattiene relazioni commerciali preferenziali di lunga data – e LDCs, che inoltre beneficiano anche dell’accesso duty free e quota free nel vasto mercato europeo grazie all’iniziativa Everything But Arms (EBA).

Ciò nonostante, i molteplici programmi a disposizione dei Paesi in via di sviluppo non hanno sortito gli effetti sperati, non riuscendo a connettere i prodotti provenienti dalle LDCs più fragili alle catene di valore internazionali, compromettendo il loro accesso nel mercato singolo dell’UE. Per tale motivo, l’UE ha da qualche tempo intrapreso un ripensamento qualitativo degli strumenti finanziari e di assistenza tecnica che sostengono la sua politica di AfT, promettendo maggior coerenza ed efficienza nella loro gestione, e maggiori flussi d’investimenti. Inoltre, la realizzazione dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite comporta necessariamente una riconsiderazione degli strumenti a disposizione, attraverso la creazione di sinergie e di un approccio differenziato che promuova con strumenti ad hoc diversi aspetti connessi al commercio.

Parte integrante di questo nuovo percorso, nel 2016 la Commissione Europea ha avviato il lancio di un nuovo strumento d’investimento – il Piano Esterno d’Investimenti Europeo, EU External Investment Plan (EIP) – con lo scopo di promuovere un collegamento inclusivo tra sviluppo sostenibile, migrazione ed assistenza finanziaria in Africa, mobilizzando investimenti pubblici e privati nel continente africano. Approvato il 28 settembre 2017, il nuovo piano d’investimento prevede un contributo diretto dell’Unione pari a 4 miliardi di euro che, grazie un fondo di garanzia per gli investitori finanziari, sarà capace di generare un totale d’investimenti privati pari a 44 miliardi di euro entro il 2020, oltre 11 volte il contributo allocato inizialmente attraverso il fondo di garanzia e vari blending instruments.

L’EIP si propone dunque d’integrare una nuova generazione di strumenti finanziari privati con forme di assistenza più tradizionali (grants, loans, guarantees, etc.). Una massiccia strategia di assistenza tecnica supporterà inoltre i beneficiari degli investimenti a presentare progetti più sostenibili, in un quadro di dialogo politico e cooperazione nell’implementazione di riforme. A proposito del lancio dell’EIP, l’Alto Commissario Federica Mogherini ha dichiarato: “Meno del 10% di Foreign Direct Investment è destinato alle regioni più fragili in Africa. Per questo vogliamo che il nostro Piano d’Investimenti diventi un potente motore per una crescita più sostenibile ed inclusiva. Questo è ciò che i nostri partner africani chiedono, questa è la migliore partnership europea possibile”. Il piano d’investimenti, infatti, ha come target progetti che puntano sulla sostenibilità (acqua, energie rinnovabili, ambiente, tecnologia), ereditando le attuali best practices dell’UE nel continente africano.

Un piano forse ambizioso da realizzare. Eppure l’Unione dimostra ancora una volta di essere un unicum nella storia contemporanea: una potenza sovranazionale che si pone sulla scena globale come attore principale nella cooperazione tra Stati, e come catalizzatore di sviluppo. E’ vero, travagliata da fenomeni intestini e dalla mancata gestione del flusso migratorio, l’UE ha mostrato il suo lato più vulnerabile, i suoi più grandi limiti. Ma l’Unione resta una grande unione. Di popoli e di storie che affondano le radici nei Paesi con cui oggi l’UE intrattiene le sue relazioni più profonde e durature.

 

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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