Care famiglie, vi dico cosa vuol dire sospendere i concorsi a scuola e tornare alle graduatorie permanenti
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Care famiglie, vi dico cosa vuol dire sospendere i concorsi a scuola e tornare alle graduatorie permanenti

Care famiglie, vi dico cosa vuol dire sospendere i concorsi a scuola e tornare alle graduatorie permanenti

di Francesco Rocchi.

Il nuovo corso presso il MIUR non è stato per ora entusiasmante. Dopo qualche timido segnale iniziale che poteva sembrare positivo, la risacca clientelare voluta dalla Lega è rifluita ricoprendo più o meno tutto.
Il ritorno ai cari, vecchi metodi della gestione bottegaia della scuola e dei suoi lavoratori è tanto netto e convinto che se non ci si sta attenti si rischia di non avere percezione di quanto questo grande balzo all’indietro possa essere dannoso. Lo scopo di questo articolo è di voler illustrare proprio questo rischio, e di illustrarlo non solo e non tanto a chi nella scuola ci lavora o se ne occupa più o meno professionalmente, ma a chi della scuola è fruitore, ovvero le famiglie.
Non è né alle famiglie né agli studenti che sta pensando il governo, infatti. Le scelte intraprese finora mostrano che il governo sta semplicemente cercando facile consenso tra i precari, che rimangono pur sempre una interessante fetta dell’elettorato italiano.

C’è però una differenza tra i precari di oggi e quelli del recente passato. I precari “storici” erano inseriti nelle graduatorie permanenti (poi “ad esaurimento”, e quindi di qui in avanti “GAE”), il cui scopo era quello di selezionare docenti competenti e preparati per l’immissione in ruolo. Le GAE, cui si accedeva dopo aver fatto un selettivo percorso abilitante (le famose SSIS a numero chiuso), erano equiparate alla graduatoria dei vincitori di un concorso, ragion per cui i più di 100.000 insegnanti che vi erano inseriti potevano vantare un diritto acquisito e garantito dalla legge ad essere presi nella scuola.

Tale diritto ha prodotto numerose storture, ma sarebbe stato impossibile e anche ingiusto disconoscerlo, ragion per cui la Buona Scuola ha fatto ciò che era necessario e ha svuotato le GAE. Male, confusamente, con strani paradossi…tutto quello che si vuole, ma è importante sottolineare questo punto: alla fine della giostra, non c’era più gente in fila in attesa di una assuzione promessa e mai arrivata.
I precari attuali, per quanto somiglino molto a quelli delle GAE, sono in una posizione leggermente diversa. Sono principalmente supplenti della cosiddetta “terza fascia”. Cosa sia questa terza fascia va spiegato.
Le scuole italiane, quando hanno bisogno di un supplente, hanno a disposizione diversi elenchi, che devono consultare in un ordine ben preciso. Si comincia dagli elenchi con le persone più qualificate e si procede via via a scorrimento verso quelle meno.

La terza fascia è quella che raccoglie i docenti meno formati, da chiamare “per ultimi”. Per quanto riguarda le superiori, si tratta di docenti sì laureati, ma che non hanno alcun titolo abilitante o diritto acquisito ad essere messi a ruolo. Semplicemente, hanno fornito il proprio nominativo al MIUR quando si sono aperti i termini per la redazione di queste graduatorie (ciò avviene ogni tre anni).

Questo non vuol dire però che i supplenti di terza fascia siano persone che lavorano soltanto occasionalmente nella scuola: molti vi lavorano da anni, talora da lustri, e continuativamente, spesso escludendo così altre carriere lavorative dal proprio percorso ed in ogni caso accumulando un’ingente “anzianità di servizio”.
“Anzianità di servizio” è il concetto chiave. Nelle vecchie GAE era questa a dare il grosso del punteggio (l’abilitazione serviva per essere immessi, ma dava un punteggio relativamente ridotto). Ai supplenti di terza fascia appare quindi quasi “naturale” essere assimilati agli abilitati GAE, soprattutto quando, dopo aver fatto supplenze per più di tre anni, si può sostenere, non senza qualche argomento, che lo Stato italiano sta abusando della reiterazione dei contratti e che dovrebbe di conseguenza assumere a tempo indeterminato.

Il problema è tutto qui: quale diritto prevale, a questo punto? Quello dei docenti a vedersi trasformato il contratto di lavoro o quello degli studenti e delle famiglie a trovarsi di fronte un docente di cui si possa dire “Sì, questo docente è bravo, perché lo abbiamo messo alla prova ed è competente”?

La Lega ha deciso che è più importante il primo. E’ una scelta. Legittima, se si vuole, ma sarà bene aver chiaro quali conseguenze comporta. La qualità dei docenti, in questo modo non è garantita. Gli studenti si troveranno di fronte, sempre di più, gente di cui non si sa nient’altro che l’anzianità di servizio. I genitori si devono chiedere se è a loro che vogliono affidare i propri figli. Sarebbero soddisfatti di un pediatra così selezionato o di un allenatore o anche soltanto di una baby sitter per i loro figli? O il compito di dare un’istruzione ad una persona è banale e poco delicato e si può svolgere in maniera approssimata?

Tra i docenti di terza fascia c’è molta gente competente, che oggi deve lavorare da precario di terza fascia per la semplice ragione che al momento non esiste un modo per abilitarsi ed entrare “a pieno titolo” nella scuola. Esisterà quando il governo si deciderà a fare un concorso, ma per ora nicchia e rimanda. “Prima” vuole risolvere il problema dei precari con più di tre anni di servizio.

Ma è una maniera di ragionare ingenua, per non dire sciocca. Oggi possiamo anche assumere tutti quelli che hanno tale anzianità di servizio, ma con questo non avremo fatto piazza pulita del precariato: l’anno prossimo ci saranno quelli che oggi hanno due anni di anzianità e che stanno per maturare la stessa identica anzianità di quelli che vengono assunti oggi. E così via all’infinito.

Tutto questo valga come quadro generale. Entrare nel dettaglio delle singole graduatorie e delle singole rivendicazioni sarebbe lungo ed inutile. Vale la pena di accennare soltanto alla questione dei maestri elementari: quelli che ora stanno chiedendo di essere assunti a ruolo sono i non-laureati, anzi, quelli che hanno preso un diploma magistrale non meno di venti anni fa (il diploma “vale” come abilitazione soltanto se preso entro il 1999), ed ora vorrebbero sopravanzare quelli che per fare il mestiere di maestro o maestra non solo si sono diplomati, ma anche laureati, e hanno vinto un concorso. E il governo non si decide a dire una parola chiara. Chi pagherà il prezzo di tutto questo? Gli studenti.

Cerchiamo di ternerlo a mente.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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