La UE per i diritti delle donne nel mondo. La lotta alle mutilazioni genitali femminili
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La UE per i diritti delle donne nel mondo. La lotta alle mutilazioni genitali femminili

La UE per i diritti delle donne nel mondo. La lotta alle mutilazioni genitali femminili

di Ilaria Fiore.

Il case study di Ilaria Fiore e’ parte del report dei Laureati Jo Cox sul ruolo globale dell’Unione Europea.

“Ricordo con grande dolore la mia escissione(1) perché ricordo molto bene quel giorno. Fui presa da mia nonna con la complicità di mia madre. Un giorno lei decise che dovevo essere mutilata. Non ero l’unica, ero con altre ragazze, alcune amiche e altre vicine di villaggio. Loro mi dissero che non sarei stata più una ragazzina ma che sarei diventata donna. Quello doveva essere un grande giorno. Dato che non sapevo nulla sull’escissione, né conoscevo le conseguenze legate alla mutilazione, ero felice. Loro decisero di tagliarmi. Eravamo circa cento ragazze, ognuna aspettava il proprio turno. Anch’io aspettavo e durante l’attesa potevo sentire le urla di chi entrava prima di me. Urla. Io ero lì immobile. Non potevo scappar via perché sarebbe significato disonorare la famiglia. Ero confusa – scappare o restare? Ma non avevo alternative. Rimasi e sentii le altre ragazze urlare. Restai e quando arrivò il mio turno fu atroce.
Sfortunatamente io sono stata costretta ad una seconda escissione. Sono stata sottoposta a questa sofferenza la seconda volta quando avevo 15 anni. Quando tornai al mio villaggio per le vacanze, mia nonna decise di finire il lavoro che aveva iniziato perche pensava che la prima escissione non fosse stata fatta bene. Lei decise di tagliarmi una seconda volta. Sono quasi morta perché mi tagliarono fino alla vena. Ebbi un’emorragia, persi coscienza e mi risvegliai in ospedale.

La seconda escissione fu fatta segretamente. Non ci furono celebrazioni, fu svolta solo per riparare il lavoro già iniziato. È una cosa molto comune ma se ne parla poco. A volte si dice persino che questa pratica non esiste, invece viene svolta, però senza celebrazioni e cerimonie. C’è anche se è difficile saperlo”.

Così Djenabou Teliwel Diallo, attivista anti mutilazioni genitali femminili2, racconta di come è stata escissa. Lei è solo una delle tantissime vittime sottoposte a tale pratica.

I dati delle stime sono agghiaccianti. In tutto il mondo il numero di donne sottoposte a mutilazione genitale femminile è pari a 200 milioni e altre 3 milioni sono a rischio ogni anno, ovvero circa 8.000 al giorno. Solo in Europa circa 500.000 soffrono per tutta la vita a causa delle conseguenze delle mutilazioni genitali. Ogni anno circa 20.000 donne giunte in Europa chiedono asilo nell’Unione Europea perché provenienti da Paesi a rischio.

Generalmente, l’età per sottoporre le donne a mutilazioni è compresa tra i 4 e i 12 anni, ma ci sono anche i casi in cui la pratica è svolta alla nascita o prima del matrimonio. Come lo dimostrano le parole della testimone Djenabou Teliwel Diallo, tale pratica serve per passare dalla condizione di bambina a quella di donna e chi si rifiuta di sottoporsi ad essa viene escluso dalla società.

1 L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce mutilazioni genitali femminili tutte le procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per motivazioni non terapeutiche.
Esistono quattro tipi di mutilazioni genitali femminili:
– Tipo I (clitoridectomia): rimozione parziale o totale della clitoride e/o del suo prepuzio.
– Tipo II (escissione): rimozione parziale o totale della clitoride e delle piccole labbra, con o senza l’asportazione delle grandi labbra.
– Tipo II (infibulazione): restringimento dell’orifizio vaginale con creazione di una chiusura ottenuta tagliando e riposizionando le piccole labbra e/o le grandi labbra, con o senza ablazione della clitoride.
– Tipo IV: tutte le pratiche dannose per i genitali femminili per scopi non terapeutici come piercing, incisione etc.

2 FGM.

Le ragioni che spingono le comunità a mutilare le donne sono varie. Tra queste ci sono: mantenere la verginità prima del matrimonio, dato che le mutilazioni riducono il desiderio sessuale; rimuovere genitali femminili considerati sgradevoli e sporchi e, in alcune comunità, “parti maschili”; l’aumentare la fertilità femminile; motivi religiosi, nonostante sembra non esserci alcun legame tra la pratica e la religione islamica; il controllo maschile sulla sessualità femminile. In merito a quest’ultima ragione la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite ha dichiarato: “Le MGF sono il risultato di strutture di potere patriarcali che legittimano la necessità di controllare la vita delle donne. Derivano dalla percezione stereotipata delle donne come guardiani principali della moralità sessuale”.

Per i motivi sopradetti, le stesse donne si sentono in dovere di accettare questa pratica perché sono consapevoli che diversamente sarebbero escluse dalla comunità e denigrate dalla famiglia.
L’Europa ha deciso di lottare contro le MFG al fine di abolirle. Per questo motivo, il 1° agosto 2014, è entrata in vigore la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica3. È un trattato giuridicamente vincolante per tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa che l’hanno ratificato e si aggiunge agli strumenti nazionali, europei ed internazionali già esistenti relativi alla violenza sulle donne. Nello specifico l’Articolo 38 definisce le MGF una forma di violenza di genere da eliminare. Difatti, la Convenzione considera le MGF una violazione dei diritti dei/lle minori, in particolare del diritto a non subire discriminazioni (Articolo 2), del diritto ad essere tutelato/a contro ogni forma di violenza e brutalità fisiche o mentali o maltrattamenti (Articolo 19, 1), del diritto al più elevato livello di salute possibile (Articolo 24) e della libertà dalla tortura e dalle pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti (Articolo 37)

A questo si aggiunge la violazione del diritto all’integrità fisica, trattandosi di parti del corpo sane che vengono mutilate senza alcun motivo medico. La Convenzione di Istanbul è stata adottata dal Consiglio d’Europa nel 2011 e rappresenta la prima raccolta di disposizioni legali che si concentra in particolare sull’eliminazione della violenza in genere, comprese le MGF. Tale strumento prevede una protezione per le vittime e la punizione dei colpevoli.
La Convenzione fa riferimento alle così dette 4P’S che stanno per: prevenzione, protezione, procedimento penale e politiche. Esse sono importanti per promuovere l’abbandono della pratica. Alla Convenzione si aggiunge la Direttiva 2012/Ue, nota come Direttiva sui diritti delle vittime di reato, promulgata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’UE nel 2012. Tale documento stabilisce il diritto di un soggetto vulnerabile, come le vittime di mutilazione, ad una protezione speciale che comprende assistenza specialistica e protezione legale. Questo supporto deve essere garantito ad ogni vittima a prescindere dal suo status in materia di soggiorno all’interno dell’UE e deve essere finalizzato anche ad evitare che le vittime siano sottoposte ad una seconda violenza. Tutto ciò prescinde dall’identificazione o meno di chi ha commesso il reato.

Al fine di garantire la conoscenza della propria condizione e decidere liberamente se e come procedere, la Direttiva ha stabilito che tutti gli Stati membri sono tenuti a dare informazioni e consulenze comprensibili. Inoltre, tutti gli Stati devono garantire la disponibilità di strutture dedicate all’assistenza delle vittime, che devono soddisfare determinati requisiti e fornire servizi di consulenza e di sostegno specifici.

3 Convenzione di Istanbul.

Per quanto sopradetto è nata Insieme per porre fine alle mutilazioni genitali femminili (UEFGM), una piattaforma web europea sulle MGF finalizzata alla formazione di professionisti/e. Si tratta di un progetto transnazionale cofinanziato dall’Unione Europea e realizzato da un consorzio di 12 organizzazioni partner e 4 partner associati provenienti da diversi Paesi dell’Unione Europea. Nel 2015, la Commissione Europea ha finanziato la Cyprus University of Technology per la realizzazione di un progetto della durata di 24 mesi con l’obiettivo di realizzare una piattaforma formativa sulle MGF contenente materiali informativi ed educativi utili ma facilmente accessibili ai professionisti dei vari settori. Tale formazione consente di garantire servizi a sostegno delle donne e delle bambine a rischio o vittime di MGF. La piattaforma fonda le sue radici nel corso di formazione online United to End FGM: e-learning tool for health and asylum professionals, finanziato nel 2012 dal Fondo END FGM (Campagna europea END FGM) e dalla Human Dignity Foundation, con il sostegno dell’UNHCR. Il corso di formazione è stato avviato e coordinato dal Mediterranean Institute of Gender Studies (MIGS) di Cipro, in collaborazione con AIDOS in Italia, AKIDWA in Irlanda e APF in Portogallo.

Esso consta di 12 moduli destinati a tutte le figure professionali che interagiscono con donne e bambine sottoposte a MGF o a rischio. Il contenuto dei moduli è il seguente:

– Modulo 1. È un’introduzione che definisce le tipologie di MGF, spiega le cause, descrive le conseguenze ed individua i luoghi in cui la pratica è svolta. Si rivolge a tutti i professionisti/e interessate alla tematica. Fornisce una panoramica introduttiva sulle mutilazioni genitali femminili e sulla loro diffusione in Europa e non solo. Si tratta di un modulo rilevante per tutti i/le professionisti/e interessati/e alla piattaforma di apprendimento.

– Modulo 2. Analizza la connessione esistente tra le mutilazioni genitali femminili e le dinamiche sociali e di genere. Si rivolge a coloro che sono interessati/e alla materia, al personale medico, infermieristico e ostetrico.

– Modulo 3. Presenta una panoramica completa delle conseguenze fisiche, psicologiche, sessuali e ostetriche delle MGF. Questo modulo, come il precedente, si rivolge al personale medico, infermieristico e ostetrico.

– Modulo 4. Tale modulo fornisce gli strumenti per comunicare con le vittime, per avere informazioni mediche circa la loro condizione e per dar loro informazioni sulle cure evitando, così, le conseguenze mediche e psicologiche delle MGF. Anche questo modulo si rivolge a medici, infermieri/e e ad operatori/trici del settore sanitario.

– Modulo 5. Tale modulo esamina le norme e la legislazione in materia di MGF e si rivolge ai funzionari delle autorità competenti all’esame delle domande di protezione e dei casi di diritto di asilo, al personale dei centri di sostegno per i richiedenti asilo, agli operatori sociali coinvolti nei casi di asilo politico e al personale delle ONG che si occupano di tali tematiche.

– Modulo 6. Il modulo ha l’obiettivo di fornire le tecniche di comunicazioni per interagire con la vittima, valutare la credibilità delle sue dichiarazioni nell’ambito delle procedure di richiesta di asilo e determinare il suo status di rifugiato. Si rivolge ai funzionari/rie addette all’esame e alla revisione dei
casi di asilo, agli operatori/operatrici coinvolti nei casi di richiesta di asilo, al personale dei centri di sostegno per l’asilo e a quello dei centri di accoglienza.

– Modulo 7. Spiega in modo dettagliato il triplice ruolo del sistema giudiziario e dei suoi protagonisti nell’abbandono delle MGF.

– Modulo 9. Fornisce le competenze necessarie per dare assistenza alle donne che hanno subìto la pratica. Si pone l’obiettivo di formare gli/le operatori/trici sociali, i/le counsellor e altre figure professionali che operano nell’ambito dell’assistenza sociale affinché siano in grado di dare consulenza e assistenza adeguate alle donne che hanno subìto MGF.

– Modulo 10. L’obiettivo è quello di far conoscere i molteplici aspetti della protezione delle minori nel contesto delle MGF. Il modulo è rivolto agli/lle addetti/e alla protezione dei/lle minori e agli/alle assistenti sociali che svolgono il proprio ruolo all’interno di istituzioni ufficiali, scuole, università e centri che offrono servizi di orientamento per i/le migranti e/le rifugiati/e che possono trovarsi a contatto con bambine provenienti da comunità che praticano le MGF.

– Modulo 11. Si rivolge al personale scolastico, agli/alle educatori/trici che lavorano a contatto con i giovani e al personale della autorità locali che si occupa della tutela e della collaborazione con gli istituti scolastici. La scuola non solo è vicina alle ragazze ma ha uno stretto legame anche con le famiglie e le comunità. Inserendo la tematica delle MGF nei curricula scolastici si garantisce la prevenzione e la protezione delle bambine a rischio o che sono state sottoposte alla pratica.

– Modulo 12. Si rivolge al personale degli enti locali, delle ONG e dei centri per le comunità, per i/le migranti e/o per i/le rifugiati/e, che lavorano con le comunità in cui le MGF sono diffuse e a tutti coloro che si occupano della protezione dei minori. L’obiettivo è trovare delle strategie per formare le comunità che praticano le mutilazioni per esempio: formando i/le promotori/trici delle comunità; consentendo il dialogo sulle MGF tra giovani e anziani; coinvolgendo i leader religiosi ovvero le persone influenti della comunità; coinvolgendo ragazzi e uomini per renderli consapevoli delle conseguenze delle MGF e della necessità della loro collaborazione per porvi fine e lavorando con i/le giovani che possono favorire il cambiamento.

Dunque, Insieme per porre fine alle mutilazioni genitali femminili offre una formazione gratuita e ad hoc ai professionisti che hanno modo di interagire con le vittime di MGF e con i soggetti a rischio. Il giusto approccio con la vittima, l’informazione, l’abbattimento delle barriere, il supporto psicologico e fisico, la prevenzione, la formazione e la tutela sono gli strumenti adatti per combattere le mutilazioni genitali femminili.

Cofinanziando tale progetto, l’Unione Europea si impegna alla tutela dei diritti umani, combattendo, in questo caso specifico, la violenza di genere per un mondo senza differenze, senza poteri ma fondato sul rispetto e sull’uguaglianza.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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