Perché manifestare a Como? Tre motivi
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Perché manifestare a Como? Tre motivi

Perché manifestare a Como? Tre motivi

di Davide Vavassori.

1. Esserci

A Como si tiene una manifestazione “Contro ogni fascismo e forma di intolleranza” a seguito di un atto intimidatorio fatto da uomini che, con anfibi, bomber neri, teste rasate e che non hanno nessun timore (o meglio, vergogna) a definirsi “Naziskin” nel 2017, hanno fatto irruzione in una riunione di un’associazione civica. Sebbene la destra (quella che strizza l’occhio sia all’ultras fascista del Verona che va in curva ogni domenica sperando di menare le mani, sia al pensionato stanco dell’accattone nigeriano che gli chiede una moneta) abbia minimizzato l’accaduto come “quattro ragazzi che leggono un volantino”, il fatto resta di per sé gravissimo. Sottovalutare il fatto che nel 2017 ci siano persone che non hanno problemi a subire ripercussioni legali o giudizi morali nel definirsi pubblicamente filo-nazisti o fascisti sarebbe un errore davvero da stupidi. Aggiungete che l’elenco non si limita all’intimidazione a Como: l’assalto alla redazione di Repubblica, l’irruzione con aggressione a due migranti a Verona in un centro d’accoglienza, il pestaggio di un sindacalista che volantinava a Forlì. Si organizza quindi una manifestazione a Como, non una Festa dell’Unità o una celebrazione della sinistra, ma un secco “no” alla violenza e all’intolleranza: un tema su cui dovrebbe esserci, in un paese civile, un consenso trasversale totale. Eppure.

Eppure c’è una parte politica che sguazza in un’ambiguità spaventosa, dal sindaco leghista di Como al Movimento 5 Stelle che “ha già condannato l’atto”, come se prendere posizione in più di un’occasione nel condannare intimidazioni violente sia una fatica troppo grande da affrontare. Che vogliano strizzare a loro volta l’occhio a certi movimenti estremi per fini elettorali o che lo facciano per superficialità, il risultato non cambia.

2. Esserci e stare in silenzio

Alla classe politica, che si tratti del consigliere comunale di Desio o del Presidente degli Stati Uniti, viene spesso mossa l’accusa di non saper ascoltare. Di essere troppo presa a lodare se stessa o impegnata a trovare delle scuse per i propri fallimenti, per trovare il tempo di capire la gente comune. Ecco, sabato mattina era presente a Como mezzo governo, Di Maio direbbe per “strumentalizzare” l’accaduto e fare passerella politica (come se essere contro la violenza fascista debba avere un colore politico e non essere condannata da tutti). Invece i vari Renzi, Martina, Delrio, Pinotti e Orlando si sono fatti centinaia di km solo per mettersi buoni buoni sotto un palco ad ascoltare una decina di testimonianze antifasciste scelte e lette da ragazzi con meno di 30 anni. Un gesto carico di significato: nessun proclama, nessuna chiamata alle armi contro un fenomeno pericoloso in ascesa, ma un semplice ricordare le parole di persone che quel pericolo l’hanno già affrontato, molti dando la vita. Si dice che non ci sia futuro senza memoria e il momento di rielaborazione collettiva di fronte a un’intera classe politica in ascolto ha avuto una forza morale che davvero fa ben sperare nel futuro.

3. Video più, video meno

L’ultimo a salire sul palco è stato Daniele Piervincenzi, giornalista aggredito a Ostia da Roberto Spada che, pur di non rispondere a una domanda sulla convivenza tra Casa Pound e mafia, gli ha rotto il naso con una testata. Piervincenzi, prima di leggere un bellissimo estratto di un discorso di Pertini, ha ringraziato anche il suo cameraman che ha continuato a riprendere nonostante il rischio delle botte. Ecco, se non ci fosse stato il video a immortalare la violenza spaventosa con cui Spada rompe il naso a Piervincenzi e, soprattutto, tutta l’immensa macchina del web a far diventare virale quel video con la copertura dei Tg nazionali, è facile immaginare che l’accaduto sarebbe potuto passare sottotraccia senza avere l’effetto che ha avuto. Allo stesso modo i “quattro ragazzi che leggono un volantino” a Como, avrebbero potuto farla franca nel loro sminuire la gravità della loro intimidazione se non ci fosse stato un video di diversi minuti a far vedere quello che è successo. Fa un certo effetto vedere come un gruppo di uomini rasati a zero, bomber nero e anfibi da picchiatori di una certa esperienza, faccia irruzione per leggere una sequela di deliri sul turbo capitalismo e le migrazioni ed esca sbattendo la porta dicendo “nessun rispetto per voi” a un gruppo di persone che vuole solo pensare a come assistere migranti che vivono per strada a temperature sottozero.

La speranza è di non dimenticare tutti quelli che subiscono violenze e intimidazioni e non hanno la fortuna di avere un video da far girare. Nell’epoca dei social l’allerta a non indignarsi solo per testimonianze video deve essere massima: una violenza, verbale o fisica, resta tale anche se la sua tangibilità non ha immagini da sbatterci sotto il naso nella Home di Facebook.

Cosa resta dunque della manifestazione a Como? Non importa quante intimidazioni i neonazisti faranno o quanta violenza verbale si legga sul web, lo zoccolo duro della società che non si fa intimidire e che non ha paura a essere ambigua verso questi fenomeni gravissimi, resiste. Giovani, anziani, uomini e donne, Resistono.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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