Verso un’Europa Sociale – L’indennità di disoccupazione europea: se non ora quando?
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Verso un’Europa Sociale – L’indennità di disoccupazione europea: se non ora quando?

Verso un’Europa Sociale – L’indennità di disoccupazione europea: se non ora quando?

di FutureDem.

iMille ricevono e pubblicano le proposte elaborate da FutureDem per un’Europa Sociale. Oggi si parla di disoccupazione e indennita’ di disoccupazione.

Per i membri dell’Eurozona la crisi ha avuto un impatto asimmetrico non solo in termini di crescita ma anche di occupazione, come possiamo notare nel grafico sottostante. Infatti negli ultimi dieci anni c’è stata una vera e propria divergenza tra i paesi del ‘nord’ come Francia, Germania, Olanda, Austria e i paesi della ‘periferia’ ovvero Italia, Spagna, Portogallo in termini del tasso di disoccupazione. Una divergenza più acuta che tra i paesi fuori dalla zona Euro lasciando presupporre che forse la struttura stessa dell’Euro necessita di qualche modifica per  essere sostenibile nel lungo termine. Nel lungo termine, infatti, l’unione monetaria non ha futuro senza una integrazione fiscale e politica. Per evitare che questo genere di divergenze porti alla disintegrazione dell’euro è necessario riflettere all’introduzione di stabilizzatori macroeconomici appropriati.                              

La Disoccupazione nell’Eurozona:

Centro v Periferia (Eurostat, 2014)

Una indennità di disoccupazione europea (IDE)  sarebbe uno strumento ideale in quanto stabilizzatore automatico: i nuovi disoccupati riceverebbero immediatamente un’indennità prestabilita pari a una proporzione del loro ultimo stipendio per un periodo predefinito. Inoltre un trasferimento europeo di sostegno al reddito in tempo di crisi esprimerebbe un forte messaggio di solidarietà. Vari studi stimano il moltiplicatore fiscale dell’IDE tra 1.5 e 3.07[1], un’autentica leva anti-ciclica per sostenere la domanda proprio nei momenti di crisi.

La crisi ha dimostrato che, al contrario di quando si credesse, la mobilità dei lavoratori, il mercato e la politica monetaria comune non sono sufficienti per gestire le crisi.  L’Eurozona cosi com’è non è un’area valutaria ottimale, ossia un’area più ampia possibile dove i lavoratori si possono spostare facilmente: negli Stati Uniti si muove quasi i 2% dei lavoratori,  nell’UE solo lo 0.14%[2]. La lentezza della ripresa è stata anche una conseguenza de limiti della politica monetaria comune, specie in quei Paesi dove i canali di trasmissione erano otturati come nel caso dell’Italia e del suo sistema bancario. Bisogna ricorrere a un maggiore uso delle leve fiscali e da qui rilanciare adesso la proposta di un’IDE con l’appoggio di tutte le forze progressiste europee.

L’IDE può essere concepita sia come strumento aggiuntivo ai sussidi esistenti a livello nazionale o sostitutivo e per finanziarla si potrebbe ricorrere a nuovi contributi a livello europeo a carico dei lavoratori e delle aziende. Un’alternativa più realistica e politicamente fattibile è concepire l’IDE come un trasferimento aggiuntivo a quelli esistenti nei vari Stati finanziato tramite il contributo degli Stati membri al budget comune dell’UE. La scelta tra queste due opzioni, ossia tra un’IDE ‘equivalente’ (finanziata dai paesi membri) o ‘genuina’ (finanziata dai lavoratori e dalle aziende) è un nodo importante da sciogliere, come spiegano Ilaria Maselli, Miroslav Beblavy e Gabriele Marconi nel loro studio per la Commissione Europea del 2015 (European Unemployment Benefit Scheme: the rationale and challenges ahead). Forse  un’IDE ‘equivalente’ per i paesi membri dell’Euro è più facilmente realizzabile mentre per ridurre il disincentivo a cercare lavoro bisognerà ben definire i criteri per l’acquisizione dell’indennità, la sua entità e la durata massima della sua erogazione. Prendendo a esempio il modello di IDE ‘equivalente’, esistono alcuni studi che ne stimano il costo: supponendo che l’indennità corrisponda al 70% dell’ultimo stipendio e supponendo che l’IDE copra l’80% dei disoccupati, vari studi attribuiscono all’IDE un costo mediano intorno ai 50miliardi di euro o comunque tra lo 0.30 e lo 0.85% del PIL europeo  (Dolls, 2014). Questa stima sembra compatibile con l’equivalente negli Stati Uniti, dello 0.23% del PIL, ossia 40.5 miliardi di dollari.

 

Massimo Orange, responsabile Economia & Lavoro di FutureDem. FutureDem è un’associazione di cultura politica di ispirazione progressista, che si riconosce nei valori di eguaglianza, libertà e giustizia sociale, in una azione riformista e in una piattaforma europeista. Molti dei nostri soci sono giovani under 30 che provano a dare un contributo costruttivo alla politica, realizzando attività di formazione e cercando di elaborare proposte concrete per migliorare le realtà in cui vivono.

 


[1] Chimerine, L., T.S. Black and L. Coffey (1999), “Unemployment Insurance as an Automatic Stabilizer: Evidence of Effectiveness Over Three Decades”, Occasional Paper No. 99-8, US Department of Labor, Washington, DC; Monacelli, T., R. Perotti and A. Trigari (2010), “Unemployment Fiscal Multipliers”, Journal of Monetary Economics, Vol. 57, No. 5, pp. 531-558;Paper No. 99-8, US Department of Labor, Washington, DC; Monacelli, T., R. Perotti and A. Trigari (2010), “Unemployment Fiscal Multipliers”, Journal of Monetary Economics, Vol. 57, No. 5, pp. 531-558;

[2] Zingales, L., ‘Europa si, Europa no’, 2014

 

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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