Una scuola per essere felici
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Una scuola per essere felici

Una scuola per essere felici

di Mila Spicola.

 

Un convegno organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Toscana è stato l’occasione per “mettere intorno un tavolo” docenti, psicologi, scienziati su tutto quel che gira intorno agli apprendimenti: emozioni, epigenetica, scienze cognitive, neuroscienze, psicologia, nuova didattica.

Sembrano mondi lontanissimi e invece scambiarsi punti di vista simili da prospettive diverse e con l’apporto di scienza e neuroscienza è illuminante perché le nuove conquiste in tutti questi ambiti stanno contribuendo a dare ciascuno il suo contributo con pezzettini di un puzzle che alla fine è perfettamente leggibile: serve un cambio di paradigma nel mondo educativo in senso ampio.

E’ necessario e utile comprendere quanto gli ambienti (ambiente in senso ecologico, come ambiente in senso di tutto ciò che ci circonda, bellezza, ordine, disordine, rumore, e tutto il resto, comprese le relazioni umane) “marchino” cervello e memoria dal primo attimo del concepimento, fin dalla pancia della madre. E continua ad essere sempre così.

E’ necessario e utile capire come l’intelligenza o le intelligenze si attivano e si spengono, in termini di elaborazione, memoria, attenzione, con le emozioni, con i sentimenti, con gli umori.  E’ necessario e utile apprendere che se sono meccanismi che riguardano la sfera dell’epigenetica e non quelli della genetica, allora educazione, cultura, ambiente determinano molto di più di quanto abbiamo intuito nella formazione del cervello umano.

E lo abbiamo visto sullo schermo, con evidenze empiriche, non solo con considerazioni di buon senso. Capire ciò che le scienze oggi ci raccontano sul pensiero umano e sulle potenzialità della mente accompagnati dalla notizia che non tutto è perduto e che il sacrificio della patria non è consumato ma che molto è reversibile con ambiente e comportamento conforta.

Le considerazioni prodotte nei vari ambiti, trasposte al mondo educativo, ci hanno messo di fronte a un sistema educante (vi comprendo la scuola, la famiglia, la società: le tre agenzie educative maggiori, e, con esse, media e rete, che però sono strumenti di trasmissione e di relazione) che deve cambiare passo rispetto certi assunti.

Stiamo allevando generazioni di infelici in sistemi stressati e stressanti, basta digitare “Ocse Pisa, ansia, adolescenti italiani” per avere un quadro non esaltante riguardo il nostro sistema educativo. Un sistema stressante non è un sistema educante. Viviamo e conduciamo le vite in sistemi stressati e stressanti in cui si è persa per strada la motivazione intrinseca adeguata. E vale per tutti, bambini, ragazzi, adulti.

La scuola è uno di questi: eppure non ci vorrebbe molto a mutare passo, se non la consapevolezza. Troppe attese per i ragazzi, o nessuna attesa, troppi carichi cognitivi (da distinguere dalla fatica che si fa per gioia e convinzione avendo chiari gli obiettivi) o nessun carico.

Sovraccarichi non solo da peso di zaini ma da ingozzamento cognitivo inutile e dannoso se non è accompagnato da motivazione, passione e relazioni sane e positive. Questo dicono più scienze e da più punti di vista. Sia con evidenze empiriche sia con considerazioni di rinnovato buon senso. A che serve e a chi serve? E’ formativo? Migliora o peggiora gli apprendimenti? Se l’alert è positivo la mente diventa un motore potentissimo, e l’alert è negativo di fronte a emozioni negative, dice scappa, chiude l’attività. Trasportate questo concetto a scuola, tra i banchi. “Per ogni goccia di emozione il cervello attiva un sistema di reazione potentissimo.” Quanti riflettiamo su questo dato?

Se lo scambio cognitivo passa da relazioni ed emozioni e passioni diventa memoria, sennò no. Picchi di gioia o di gratitudine passavano durante il convegno sugli schermi visualizzati nelle slides in ordinate e ascisse in cui il direttamente proporzionale positivo erano sinapsi ed emozioni, ovvero miglioramenti di apprendimenti. I docenti lo sanno? Che l’ansia è un ostacolo all’apprendere e la gioia è veicolo di memoria? E vale uguale per la relazione educante.

E allora la domanda che correva di sedia in sedia al convegno è stata: è possibile costituire una nuova Comunità Educante che miri allo sviluppo della persona e delle relazioni positive e felici in cui gli apprendimenti giochino un ruolo, certo, ovvio, ma non siano la finalità bensì il mezzo? Sì: una società, una famiglia, una scuola, che costruisca con chi cresce relazioni felici, fondate su stima e autostima, passioni, emozioni prima che attese e, dunque, attraverso le relazioni e le passioni, apprendimenti e competenze. Il viceversa non funziona. Se il fine è la relazione, il fare insieme, lo stare insieme e l’apprendimento è la conseguenza. Cambia, cambia eccome. Cambia tutto.

Ecco, se la visione educativa in ogni ciclo del sistema educativo è questa, centrata, posso dirlo? sulla felicità, sul fare insieme e sulla motivazione intrinseca che nasce da emozioni e sentimenti, allora l’innovazione necessaria delle metodologie, le nuove didattiche, il lavoro per competenze chiave, trasversali, professionali che ci raccontiamo da anni possono aiutare; acquistano un senso e trasferiscono senso.

Faccio un esempio: che senso ha oggi costringere a leggere 10 classici? Attenzione, non ho scritto “che senso ha oggi leggere 10 classici”, ma “costringere a leggere 10 classici”. Nudge è la spinta gentile che può mutare le scelte economiche degli adulti, figuratevi come una “spinta gentile” emozionante può cambiare il destino scolastico, psicologico ed emotivo dei ragazzi, e anche degli adulti che li circondano.

Se l’azione del leggere un classico non ha una motivazione positiva emozionale e relazionale intrinseca, se io non suscito quella, quei 10 classici attiveranno memoria brevissima, alimenteranno forse il narcisismo di un docente e il suo rievocare un passato personale, condurranno forse a un 8 in un’interrogazione, ma nella mente dello studente, se non si è capaci di attivare altro oltre il dovere, la memoria verrà marcata in negativo, rientrerà nelle cose che il suo meccanismo cerebrale perfetto eliminerà quanto prima. Finito il dovere, finita la scuola, addio classici, e forse addio lettura. E cosi anche per la matematica, e così anche per tante altre cose. E così anche per coltivare o deprimere attitudini, talenti, predisposizioni. “Non è portato”, mai frase più inutile e falsa ha mascherato incapacità di adulti e non quelle di studenti. Chiediamoci come coltiviamo e rendiamo favorevoli  le relazioni educative necessarie a creare terreno fertile per gli apprendimenti. Se le nostre sono didattiche attive, cooperative o passive e individuali. E via dicendo, tante, tante cose potrebbero dirsi sulla necessità di approfondire molto ma molto di più queste conoscenze riguardo i processi non solo di insegnamento e di apprendimento, ma riguardo un tema non sottovalutabile come la felicità.

Sono convergenze parallele perché questo cammino non confligge  con il ribaltamento attuale della nuova epistemologia della conoscenza dalla trasmissione alla condivisione, dal sapere astratto al sapere agito e acquista un valore umano in quel “fare insieme agendo i saperi” che da tante parti si sta sperimentando. Lo stare a scuola diventa costruire le felicità delle relazioni educanti in cui tutti imparano, diventa perseguire una efficace organizzazione per le comunità che abitano le scuole e non un percorso ad ostacoli per star dietro alla promozione e alla valutazione gli studenti, e agli adempimenti e alle burocrazie docenti e dirigenti. Credo che un’alleanza nuova tra l’innovazione nella didattica, l’innovazione nella psicologia dello sviluppo, dell’epigenetica, delle neuroscienze e di tutti noi componenti della comunità educante sia una bella sfida etica e civile. L’ obiettivo siano non traguardi di quantità di conoscenza ma di qualità di competenza e vita, per costruire non il nostro passato ma il futuro felice dei ragazzi e delle ragazze.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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