Non c’è niente da ridere. Come fronteggiare razzismo e populismo
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Non c’è niente da ridere. Come fronteggiare razzismo e populismo

Non c’è niente da ridere. Come fronteggiare razzismo e populismo

di Emidio Picariello.

Quello che ha fatto Raimo quando è andato alla trasmissione di Belpietro, cioè mostrare dei cartelli in cui criticava ironicamente la trasmissione fino ad alzarsi e andarsene, è forse giusto, ma non è utile. Molti di voi non guardano la trasmissione di Belpietro e sono piuttosto convinto del fatto che chi sta leggendo questo articolo non ne condivida i contenuti. È una trasmissione prevalentemente razzista e di destra. Eli Pariser ha scritto un libro su quella che chiama la bolla di filtraggio, è un concetto abbastanza noto: tendiamo a ricevere su internet informazioni che ci confermano quello che già crediamo, tendiamo a circondarci delle cose che già ci interessano, grazie agli algoritmi che sanno che cosa ci piace.

Ma il problema non è solo l’algoritmo, il problema è che tendiamo a stare in una sorta di zona di comfort intellettuale, che non venga disturbata da pensieri contrari al nostro. Quando ricerchiamo una risposta, tendiamo a confermare il nostro preconcetto e fatichiamo a ricevere le risposte che ci costringono a modificare quello che già pensiamo. Ora, in questo contesto, potete bene immaginare quanto poco ha funzionato l’approccio di Raimo, ammesso che volesse fare altro che togliersi una soddisfazione.

Ma il problema non è solo Raimo, il problema è che quando condividiamo qualche battuta di spirito sui fallimenti – nella migliore delle ipotesi – dei nostri avversari politici, stiamo soddisfacendo solo noi e quelli che già la pensano come noi. Cioè stiamo contribuendo alla polarizzazione delle idee all’interno del gruppo al quale già apparteniamo, e neppure questa è una cosa poi così positiva. Non è il disprezzo o lo scherno il sentimento che dovrebbe dividere gli avversari politici, ma la consapevolezza di avere idee e ideali distanti, a volte anche opposti. Possiamo ritenere le idee dei nostri avversari sbagliate, ma schernirle od offenderle  non è di nessuna utilità politica. È facile rendersene conto se si pensa a cosa fa cambiare idea a noi: certamente non una battuta che ridicolizza anche in modo forzato il partito che abbiamo votato. Se qualcuno insulta il leader del nostro partito, questo non ce lo fa vedere in una luce peggiore, anzi, probabilmente aumenta la coesione all’idea attaccata e offesa.

Per migliorare la qualità della conversazione su internet non è sufficiente smettere il discorso d’odio vero e proprio, anche se è una condizione necessaria. Dobbiamo anche cominciare a capire che, a meno di non avere delle politiche di privacy particolarmente restrittive, quello che diciamo può uscire dal nostro stretto circolo e toccare persone con sensibilità diverse. Dobbiamo chiederci se saremmo disposti a dire in faccia a chi non la pensa come noi quella stessa cosa, senza passare per veri e propri bulli. A meno che per noi non sia affatto un problema polarizzare ancora di più il discorso.

Un’altra tendenza che vedo spesso in giro è quella di prendere un attivista che dice una sciocchezza – alcuni partiti mettono a disposizione delle piattaforme on line in cui praticamente chiunque può scrivere, ma anche i Social Network sono pieni di persone che scrivono assurdità – e di biasimare tutto il partito al quale la persona appartiene. Se il commento è quello dell’ultimo eletto fra i consiglieri del minuscolo paesino, la cosa è forse ancora accettabile, se è quello del militante, è una cosa decisamente disonesta.

Usare mezzi disonesti intellettualmente o prendere in giro quelli che non la pensano come noi, è un modo sbagliato per fare comunicazione politica. E non è un problema solo per chi lo fa di mestiere. Ogni attivista dovrebbe avere come  obiettivo quello di far vincere le elezioni al proprio partito, se davvero lo considera l’ipotesi migliore. Ogni attivista dovrebbe cercare di far comprendere alle persone il proprio punto di vista.

Il proliferare di pagine di persone famose che blastano la gente – Burioni, o Mentana, per dirne due – ci fa sentire tutti Burioni o Mentana. Prima di tutto non è detto che loro facciano bene, che sia utile chiamare webete la persona che non ha gli strumenti per capire quello che legge, in secondo luogo noi non siamo Burioni o Mentana. Possiamo solo cercare di spiegare un punto di vista diverso, attaccando le idee e non le persone, senza la presunzione di avere il diritto di irridere chi non la pensa come noi. Forse spiegando con pazienza il nostro punto di vista potremo modificare l’idea dell’interlocutore, sicuramente, prendendolo in giro, non ci riusciremo.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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