Quei fatti di Piazza Indipendenza, in una Roma che brancola nel buio
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Quei fatti di Piazza Indipendenza, in una Roma che brancola nel buio

Quei fatti di Piazza Indipendenza, in una Roma che brancola nel buio

di Federico Di Benedetto.

Nemmeno il mese di agosto risparmia Roma. Solitamente periodo dell’anno in cui i romani si allontanano dalla capitale per andare in villeggiatura, il corrente mese estivo quest’anno sta portando a galla tutti i problemi che caratterizzano l’ordinarietà della capitale. Chi infatti non è andato in ferie, oltre a convivere con il malfunzionamento della raccolta rifiuti (con la particolarità della decomposizione dell’umido causata dalle alte temperature ed il conseguente forte odore fuoriuscente dai cassonetti), ha subito l’aggravarsi del malfunzionamento della situazione trasporti pubblici, dovuta alla chiusura del tratto di metro A tra le stazioni di Arco di Travertino e Termini. Proprio quest’ultima, negli ultimissimi giorni, è diventata teatro di scene che non vorremmo mai vedere in una capitale europea. Lo scorso 19 agosto, circa cento richiedenti asilo sono stati sgomberati da un palazzo da essi occupato in via Curtatone, situato nelle vicinanze della principale stazione ferroviaria romana. I rifugiati si sono quindi accampati per cinque giorni nei giardini di piazza d’Indipendenza, rendendo visibile al centro della città un problema irrisolto: l’allocazione e la sistemazione di queste persone all’interno di strutture decorose. Secondo la Questura di Roma, i rifugiati avrebbero rifiutato la possibilità di essere allocati in degli alloggi temporanei dei centri di accoglienza Sprar, a loro assegnati dal comune presso le zone di Torre Maura e di Boccea. Essi inoltre sarebbero stati in possesso di bombole di gas e altri oggetti contundenti. Queste le spiegazioni delle forze dell’ordine per giustificare l’intervento di questa mattina, effettuato con l’utilizzo d’idranti per disperdere il raggruppamento di migranti. Alcuni di essi, tra cui delle donne, sono stati colpiti con manganelli. Una signora in stampelle, dopo aver ricevuto una percossa da un poliziotto, è stata trasportata all’ospedale. Il personale di Medici Senza Frontiere, presente sul territorio durante lo svolgimento degli eventi di oggi, ha denunciato la mancanza di ambulanze e ha riferito di aver soccorso 13 persone. Francesco Di Donna, Coordinatore Medico di MSF, ricorda inoltre come queste persone negli ultimi cinque giorni non abbiano avuto la possibilità di accedere a servizi igienici.

Alle polemiche di quest’ultima ONG, si aggiungono le preoccupazioni dell’UNHCR, organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati. Quest’ultimo, ribadendo come il palazzo in via Curtatone fosse abitato da persone provenienti dall’Eritrea e dall’Etiopia ormai in pianta stabile nella capitale da molti anni, ha espresso con chiarezza la criticità della situazione dei richiedenti asilo a Roma, spesso abbandonati a loro stessi e costretti a vivere sotto i ponti. Sulla vicenda si è espresso anche don Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma e delegato Migrantes della Conferenza Episcopale del Lazio, preoccupato per la mancanza di un piano d’integrazione dei rifugiati nella nostra società. Mentre il sindaco Virgina Raggi e l’assessore ai servizi sociali Laura Baldassare non hanno commentato l’accaduto, in una nota apparsa sul sito del comune di Roma, viene espresso il buon esito delle operazioni di sgombero e le difficoltà nella gestione della situazione a causa dei rifiuti espressi dai rifugiati circa gli alloggi ad essi proposti dal comune.

Inoltre, sempre secondo il comunicato della giunta capitolina, l’amministrazione ha espresso la necessità di una collaborazione con gli enti locali e la regione secondo quanto riportato nel virgolettato per cui “In base al decreto legge n.14/2017, nei casi di sgomberi di immobili privati occupati, i livelli assistenziali devono in ogni caso essere garantiti agli aventi diritto dagli Enti Locali e dalle Regioni. È quindi auspicabile che l’amministrazione regionale, anche attraverso l’Ater e le Asl, fornisca adeguato contributo per garantire, come stabilito dalla normativa, adeguato supporto alle persone sgomberate dall’immobile situato in via Curtatone.” Mentre appare abbastanza chiara la posizione di chi, come le forze dell’ordine, difende il proprio operato e di coloro i quali, come MSF e Amnesty, denunciano la violenza utilizzata nei confronti dei rifugiati, ancora una volta, invece, non è pervenuta una risposta politica da parte dell’amministrazione capitolina. Quest’ultima, negli ultimi giorni, sembra essere più impegnata nella scelta del nuovo assessore al bilancio, incarico dal quale è stato sollevato Andrea Mazzillo per fare posto a Gianni Lemmetti, precedentemente impegnato nello stesso assessorato presso la giunta pentastellata Nogarin al comune di Livorno. Ciò che emerge da questa situazione è, ancora una volta, l’incapacità della giunta Raggi di dare una risposta ai problemi della città. L’ennesimo rimpasto (siamo al quarto assessore al bilancio nel giro di un anno di governo) sembra un tentativo disperato per cercare di “far quadrare i conti”. E’ vero che i problemi di Roma non sono cominciati con il sindaco attuale, molti di essi hanno origini radicate nel tempo.

Tuttavia, appare sempre più evidente come alle proclamazioni di maggiore eticità che la giunta avrebbe portato nei palazzi romani e nelle sedi istituzionali sia seguito solo un nulla di fatto. Non mi piacciono le posizioni di chi critica, senza proporre, solo per screditare politicamente l’avversario. A mio avviso però manca una visione politica di lungo respiro, che porti ad un risanamento delle municipalizzate e all’eliminazione degli sprechi. Inoltre, in un momento, come quello attuale, in cui fuoriesce un’immagine pessima della politica romana, smascherata dal processo di Mafia Capitale, appare sempre più necessario un esempio di civiltà che induca i cittadini al rispetto delle esigenze altrui. Ciò deve passare anche attraverso un serio piano d’integrazione, che permetta ai rifugiati che scappano da conflitti, carestie e guerre civili, di arrivare a Roma e di essere accolte con dignità, permettendo loro di vivere in ambienti decorosi e di poter apportare un valore aggiunto alla società nella quale si inseriscono. Ciò non significa che i rifugiati debbano sentirsi in diritto di rifiutare un alloggio se attrezzato per tutte le esigenze di una normale quotidianità o che il Comune debba caricarsi da solo il peso di questa faccenda sulle spalle. E’ giusto chiedere la collaborazione degli enti locali, se ciò non comporta l’attuarsi della logica dello “scarica barile”. Va infine evidenziato come a Roma vi siano persone di buona volontà che vogliono mettersi in gioco per fare qualcosa di positivo per gli altri e per la città.

Ed è giusto che queste realtà, specialmente quelle che da anni operano nel settore dell’accoglienza dei rifugiati, vengano valorizzate e messe in collegamento tra di loro, al fine di poter realizzare un servizio efficiente e capillare.

 

 

 

 

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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