Le politiche per l’occupazione nella storia dell’Europa
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Le politiche per l’occupazione nella storia dell’Europa

Le politiche per l’occupazione nella storia dell’Europa

di Graziana La Placa.

L’articolo 1 della European Social Chart, redatta nel 1961 ed entrata in vigore solo quattro anni più tardi, è dedicato al diritto al lavoro. Ratificando questo documento, gli Stati si pongono come scopo quello di raggiungere e mantenere un alto livello di occupazione e si impegnano ad adottare tutte le politiche necessarie per la realizzazione di questo obiettivo.

Sfortunatamente, ancora oggi, tutto ciò che concerne il lavoro e i temi dell’occupazione viene considerato come burning issue, un argomento caldo sul quale tanto è stato fatto ma tanto ancora c’è da fare. Ecco perché spesso ci si è interrogati su quanto e cosa abbia fatto l’Europa per cercare di risolvere questo nodo cruciale.

L’Europa comincia a lavorare concretamente sui temi relativi a occupazione e disoccupazione durante gli anni 90; già con il Trattato di Maastricht si comprende che il raggiungere un alto livello di occupazione all’interno degli Stati Membri deve essere considerato come una priorità imminente. Proprio durante questi anni, con un White Paper su crescita, competitività e occupazione e grazie anche all’Essen Process, iniziano ad essere messi a punto una serie di obiettivi comuni da raggiungere tramite l’applicazione di politiche ad hoc. Tutto questo è stato poi supportato da quanto deciso durante il Processo di Lussemburgo che ha creato il contesto giusto per iniziare a pensare ad un ciclo annuale di coordinamento e monitoraggio delle politiche nazionali dell’occupazione.

Solo nel 1997 nasce la European Employment Strategy (EES), il primo vero strumento atto a coordinare e supervisionare le riforme attuate dagli Stati Membri (e anche quelle da attuare) riguardo il tema dell’occupazione. La strategia, fondata su quattro componenti essenziali – le employment guidelines, i National Actions Plans, i joint employment reports e le reccomandations – si amplia e modifica nel 2000 con l’approvazione della Strategia di Lisbona che pone come obiettivo principale il raggiungimento di un tasso di occupazione totale del 70% e un aumento del tasso di occupazione femminile tale da raggiunge e superare il 60% entro il 2010, anno in cui entra in vigore il piano Europa 2020 che, pur non essendo totalmente dedicato al tema dell’occupazione, pone come target – tra gli altri – l’innalzamento del tasso di occupazione della popolazione tra il 20 e i 64 anni al 75% e una riduzione del tasso di abbandono scolastico sotto il 10%.

Tra i paesi che hanno adottato politiche innovative in merito al tema, ricordiamo i paesi della penisola scandinava ed in particolar modo la Svezia con l’applicazione del cosiddetto “welfare to work”, ossia l’aiuto da parte dell’amministrazione statale nei confronti degli inoccupati affinché questi entrino o rientrino nel mercato del lavoro il prima possibile. Questi sussidi non hanno limiti temporali ma sono legati ad una serie di specifici obblighi imposti all’inoccupato volti a scoraggiare ogni qualsivoglia possibilità che quest’ultimo possa approfittare dei benefici senza effettivamente rientrare nel mondo del lavoro, pesando quindi sulle spalle dello Stato, tant’è che questi soggetti sono obbligati ad accettare eventuali proposte di formazione o lavoro che potrebbero emergere durante il periodo di erogazione delle sovvenzioni.  

Oltre a questo, l’Europa ha siglato negli ultimi anni diversi accordi volti ad aiutare lo sviluppo di piccole e medie imprese per raggiungere l’obiettivo finale relativo all’aumento dei tassi di occupazione. Tra questi UniCredit ha collaborato con la Commissione Europea e il Fondo Europeo per gli Investimenti destinando somme di denaro alle piccole e medie imprese sopra citate, prova tangibile è il fatto che diverse imprese italiane hanno potuto e potranno beneficiare di contributi provenienti da un plafond di 50 milioni di euro per implementare il livello di occupazione e per migliorare le condizioni lavorative della popolazione attiva.

Vent’anni sono ormai passati dallo sviluppo dell’EES, prima strategia relativa all’implementazione dell’occupazione e, come già detto, tanto è stato fatto ma tanto è ancora da fare. Inoltre, è necessario tenere in considerazione che occupazione e disoccupazione devono essere visti come processi dinamici e in quanto tali le politiche a loro riferite necessitano di continue revisioni e modifiche. A prescindere dalle scelte e dalle considerazioni dell’Europa, degli Stati Membri e dei Capi di Stato e di Governo, si dovrà tenere conto del fatto che chi detta effettivamente le regole relative al tema, in questo momento, è il mercato del lavoro e non possiamo in alcun modo prescindere da questo.

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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