Fuori tempo: progettazioni e appalti pubblici in Italia
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Fuori tempo: progettazioni e appalti pubblici in Italia

Fuori tempo: progettazioni e appalti pubblici in Italia

di Estella Marino.

 

Un articolo su Repubblica di metà settembre titolava “I fondi mai usati del piano anti dissesto. Pronti otto miliardi, spesi cento milioni sottotitolo “L’operazione lanciata tre anni fa dal governo Renzi procede al rallentatore. Pochi progetti esecutivi”.
Non mi voglio dilungare sull’annoso problema del dissesto idrogeologico del nostro fragile territorio né sul Piano anti dissesto citato nel titolo dell’articolo,quanto, invece, vorrei riflettere sul sottotitolo e sul perché questo Piano (giusto) non riesce ad essere attuato come previsto.
Più in generale, cosa succede nel Sistema Italia oltre i bei piani, oltre le strategie e le norme prodotte? E soprattutto cosa si inceppa lungo la filiera del processo attuativo di una qualsivoglia politica nel nostro paese?

La causa spesso del fallimento di idee e politiche, anche molto valide, è proprio l’assenza di progettazione e monitoraggio del processo attuativo, che consentano una veloce risoluzione di quei problemi che possono emergere quando si passa dalla pianificazione all’attuazione, dalla teoria alla pratica.
“Eppure ci sono. I soldi per mettere mano all’Italia che si allaga, frana e uccide, ci sono. A leggere le tabelle della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico della Presidenza del consiglio, abbiamo 7,7 miliardi di euro da spendere entro il 2023 per rinforzare argini, costruire scolmatori e casse di espansione per le piene, allargare i canali tombati, tirar su muri di contenimento. […]
Poi però uno va a vedere quanto è stato effettivamente speso sul territorio per il Piano “Italiasicura” lanciato dal governo Renzi nel maggio 2014, e si ritrova davanti a una cifra che racconta di un Paese che non vuol imparare da se stesso e dal suo passato: appena 114,4 milioni di euro. Meno dell’1,5 per cento del totale a disposizione. Un passo da lumaca in affanno.”

E’ un paese che non vuole imparare da se stesso o il tema è un po’ più complesso?
Cosa vuole dire realizzare un’opera pubblica nel nostro paese oggi?
Partiamo dall’inizio: chi è il soggetto che attua il piano? Gli enti pubblici locali (al netto delle grandi opere realizzate direttamente dal MIT o suoi concessionari).
In base a quali regole gli enti pubblici locali attuano piani di investimenti realizzando opere pubbliche? Inserendo l’opera nei loro bilanci e realizzandola secondo le regole del “Codice degli Appalti”.
“Il passo con cui avanza “Italiasicura” è comunque lento e qualcuno deve dare spiegazioni. “Abbiamo potuto autorizzare solo le opere di cui avevamo il progetto esecutivo, fornitoci dagli enti locali”, dice Erasmo D’Angelis, tornato a capo della Struttura di missione dopo l’esperienza alla direzione dell’Unità. “L’Italia sconta un ritardo storico sulle progettazioni, non ha la cultura della prevenzione. La cantierizzazione pesante ci sarà tra il 2018 e il 2019”.”
Perché le progettazioni non sono pronte? Per il semplice motivo che un ente locale, per fare progettazione, deve spendere parecchi soldi, generalmente previsti all’interno dell’investimento complessivo dell’opera; quindi, nessun ente pubblico locale realizza -senza avere la certezza del finanziamento- una progettazione completa, composta da tre stadi: preliminare, definitivo ed esecutivo, ognuno costituito, per legge, da una sfilza di elaborati, al termine della quale il progetto è, come si definisce in gergo tecnico, “cantierabile”.

Ecco perché, anche nel caso del “Piano nazionale” di pronto per essere messo in cantiere subito c’è ben poco (fatti salvi i rari casi in cui il comune/ente locale aveva potuto già stanziare fondi propri). E veniamo ai tempi: quanto ci vuole per redigere ed approvare tre livelli di progettazione di opere anche piuttosto complesse, come quelle strutturali e di ingegneria naturalistica legate al Piano specifico, compreso l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni? Almeno un anno.
Allora torniamo al nostro Piano nazionale e facciamo due conti: il Piano è stato “lanciato” nel 2014 e già nel biennio 2015, individuato come un problema la mancanza di progetti già “cantierabili”, e delle risorse necessarie per realizzarli, la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche fa approvare un decreto che istituisce un “fondo progetti” destinato proprio a consentire il completamento delle progettazioni.

Una volta approvati ed autorizzati i progetti, per eseguire i lavori nella pubblica amministrazione bisogna indire gare pubbliche di appalto, molto spesso per importi così rilevanti da essere sovra soglia europea e richiedere quindi tra pubblicazione, lavori della commissione ed aggiudicazione almeno sei mesi. Senza contare poi l’incognita – spesso una certezza- dei ricorsi da parte di chi non ha vinto la gara. In conclusione, il tempo minimo necessario dallo stanziamento dei fondi all’avvio dei lavori (ma se davvero proprio tutto è filato liscio) è di circa un anno e mezzo.
Torniamo sempre al nostro Piano nazionale “lanciato” nel 2014 con i primi fondi inseriti nella finanziaria 2015 (approvata a dicembre 2014); partite le prime progettazioni finanziate nel 2015, nel 2016 sono state avviate le relative gare di appalto che, se tutto fosse filato liscio, avrebbero visto aprire i primi cantieri per la fine del 2017.
Ma cosa succede nel 2016? In parte per il recepimento di alcune direttive europee, in parte per rivedere le norme di settore risalenti al 2006, viene pubblicato il nuovo Codice Appalti (aprile 2016).
Panico: tutti gli atti delle gare quasi pronte ma ancora non pubblicate sono da rivedere completamente. Inoltre, viene sì approvato il testo del Codice Appalti, ma non i decreti attuativi e le linee guida, che vengono via via licenziati nei mesi successivi. Di fatto, la P.A. rallenta e quasi si ferma per capire meglio la nuova normativa. Verso fine 2016 si inizia a parlare di un decreto correttivo, per via di alcune disposizioni per niente chiare ed altre difficilmente attuabili, che infatti viene approvato ad aprile 2017 per apportare numerose modifiche anche su alcuni temi sostanziali.

Risultato: non solo gli appalti di Italiasicura, ma tutte le stazioni appaltanti della pubblica amministrazione sono rimaste di fatto paralizzate per oltre un anno. Basterebbe vedere le gare pubblicate nel secondo semestre 2016 e nel primo 2017 rispetto agli anni precedenti, ma anche i documenti pubblici di ANCI ed Ordini Professionali che segnalano di fatto la sostanziale paralisi.
Ora le gare hanno ricominciato ad essere pubblicate e ci si affaccia al 2018 dove presumibilmente, se non ci sono altri grossi ostacoli, dovrebbero essere avviate molte cantierizzazioni.
Conoscendo il sistema, tutto ciò era ampiamente prevedibile, e forse era possibile attivare qualche misura preventiva per evitare slittamenti; il rammarico è per una pianificazione così lontana dall’andamento reale e quotidiano delle cose. E’ il vissuto faticoso, e l’esperienza di migliaia di bravi dirigenti e funzionari tecnici pubblici che non è minimamente considerato per strutturare al meglio Piani e Norme in grado di migliorare e mettere in sicurezza tempestivamente il nostro Paese.

 

iMille.org – Direttore Raoul Minetti
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